Canapa, passato è futuro

Documentario sugli infiniti usi e sulle vere cause della proibizione della canapa

Fra i migliaia di prodotti fatti con la canapa, uno dei più curiosi è l’automobile in plastica di canapa di Henry Ford, costruita nel 1941. Il veicolo fu prodotto con una formula chimica che conteneva, tra l’altro, semi di soia, grano, canapa, lino e raimè e aveva un impatto inquinante pari a zero.

Migliaia di articoli di uso quotidiano si possono produrre con la canapa: dagli alimenti alle fibre tessili fino ai materiali di biocostruzione e ai carburanti per continuare con oggettistica, come ad esempio le custodie delle chitarre o ancora tovaglioli, corde, poltrone, pannolini, scarpe, cappotti, pantaloni, ma anche tutto ciò che si può fare oggi con la plastica e con il petrolio con l’unica differenza che la canapa ha impatto zero per l’ambiente.

Per capire come mai una sostanza così utile sia stata completamente esclusa dall’industria dobbiamo andare un po’ indietro nel tempo.

Negli anni ’30, in una rivista statunitense, fu pubblicato un articolo nel quale venne annunciata una nuova macchina per lavorare la canapa più rapidamente e con maggiore efficienza. A quell’epoca, però, il magnate del giornalismo rosa Hearst aveva investito su milioni di ettari di foresta di legname, che utilizzava per produrre la carta per i suoi giornali.

Le nuova macchina avrebbe ridotto notevolmente i costi della lavorazione della canapa, rendendola una buona sostituta al legname per la produzione della carta: Hearst, dunque, era destinato alla rovina.

Nel frattempo Lammot Du Pont, ricco industriale e proprietario di una fiorente società petrolchimica, aveva appena ottenuto i brevetti per creare decine di fibre sintetiche dal petrolio: il rischio era, dunque, che esse sarebbero state soppiantate dagli ecologici e resistenti tessuti di canapa.

In questo periodo il Ministro del Tesoro degli Stati Uniti era Andrew Mellon. Ma quest’ultimo era anche un un facoltoso banchiere che finanziava sia Du Pont che Heast.

Mellon nominò alla direzione dell’ufficio generale narcotici il suo futuro genero Harry Jacob Anslinger. Costui mise in moto una gigantesca campagna mediatica intesa a far apparire la canapa come un prodotto tossico e pericoloso che doveva essere immediatamente eliminato dalla società.

Grazie ai giornali di Hearst e alle produzioni di Hollywood, si svolse una massiccia campagna pubblicitaria in cui la marijuana appariva come una droga feroce capace di portare alla pazzia, a crimini efferati o alla morte.

Alla fine di questa poderosa campagna, fu presentata in Parlamento una nuova legge che proibiva l’uso della marijuana. L’intera pianta fu vietata in tutti gli Stati Uniti, anche se il composto psicotropo chiamato THC si trova solo nel fiore e nella foglia. L’ignoranza (in materia) dei Senatori e dei Deputati che approvarono la legge era scandalosa: la maggior parte di essi, infatti, non sapeva nemmeno che marijuana e canapa fossero la stessa cosa.

Nel 1937, con la firma del presidente Roosevelt, il Marihuana Tax Act divenne legge nonostante non fosse stata compiuta alcuna ricerca che verificasse la tossicità della canapa.

Da quel momento migliaia di persone furono incrimate per l’uso della canapa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti riuscirono a influenzare tutti gli altri stati e ad imporre la sua proibizione praticamente ovunque, riuscendo, in una decina d’anni, a rendere illegale la pianta in tutto il mondo.

Immaginate dove saremmo oggi se non avessero soppresso la fantastica bio-tecnologia della cannabis


Gli unici che ci hanno guadagnato da tutta questa storia sono i magnati dell’industria petrolchimica; per tutti gli altri è stata una catastrofe immane perchè l’utilizzo del petrolio per produrre fibre sintetiche e combustibili (nonchè degli alberi per produrre carta) al posto della canapa è stata una delle cause del disastro ecologico a cui assistiamo oggi.

Inoltre con la canapa abbiamo perso anche uno dei più importanti medicinali, in quanto essa è stata usata come tale dagli albori della civiltà.