Bibbia e teologia

I presupposti e le modalità di un’invenzione

il Dio biblico, l’idea stessa della sua esistenza, le sue caratteristiche, gli attributi che lo connotano, la sua presunta volontà, i suoi obiettivi, le finalità con cui opererebbe, sono frutto di un’invenzione.

Probabilmente è la più grande invenzione che una parte dell’umanità – una parte numericamente molto limitata ma dotata di astuzia e intelletto messi a disposizione di obiettivi precisi e forse anche opportunamente guidata e indirizzata da chi ci ha fabbricati – ha elaborato e messo in opera per dominare sulla restante parte numericamente molto più estesa.

La parte di umanità dominata è spesso dotata anche delle stesse capacità intellettive, talvolta forse anche superiori, ma risulta stranamente disponibile a rinunciarvi, pur di avere risposta certa e consolatoria a quella che possiamo sostanzialmente definire la madre di tutte le angosce: la paura della morte.

Lo stesso attuale Dalai Lama ebbe a dire che tutte le religioni sono state elaborate per aiutare l’uomo a trovare proprio questa risposta che risulta avere una valenza fondamentale: aggiungo che è proprio questa capacità l’elemento costitutivo e fondamentale della credibilità e della conseguente accettabilità di ogni forma di pensiero religioso.

Senza questa risposta – in qualunque modo sia formulata – le religioni non avrebbero seguaci/fedeli e dunque non avrebbero alcuna possibilità di esistere.

Il Dio biblico e il mondo spirituale a esso connesso svolgono proprio questa funzione che storicamente risulta essere irrinunciabile. Tale risposta rappresenta l’elemento costitutivo di ogni struttura, di ogni organizzazione che abbia l’obiettivo di controllare ampi strati di una umanità alla ricerca disperata di qualcuno dotato di una qualche forma di autorevolezza, spesso imposta anche con la violenza, che le garantisca – in forme diverse ma comunque sempre confortanti – che in ogni caso la sua vita non terminerà con l’esperienza terrena che sta vivendo.

Questa risposta supera ogni altra incongruenza, mette a tacere la stessa razionalità, consentendole di superare, e spesso di non vedere neppure, le evidenti, grossolane, insanabili contraddizioni che sono presenti in ogni forma di pensiero che definiamo genericamente “religioso”.

Per rimanere in ambito biblico

Per rimanere in ambito biblico, un mio lettore e attento interlocutore (il dr. Antonio Boccardo), presenta a questo proposito delle questioni sulle quali forse non si riflette a sufficienza.

Le ripropongo qui data la loro perfetta congruenza con quanto si sta considerando.

Coloro che accettano le tesi dottrinali gratificanti e consolatorie in fatto di promesse sulla presunta eternità dovrebbero per un attimo pensare di vivere nell’epoca in cui avvengono i fatti narrati in Esodo o Giosuè o Giudici, e di appartenere a uno dei tanti popoli che yhwh ha deciso di eliminare. Quando lo decide, arriva con i suoi, vi espropria della vostra terra, ordina lo sterminio dei vostri bambini e delle vostre donne che hanno “conosciuto uomo”, salva soltanto le giovani e le vergini per la soddisfazione sessuofoba delle sue milizie. Distrugge le vostre case, i vostri luoghi di culto, annienta i vostri ricordi, demolisce le sculture, le opere d’arte, brucia le vostre biblioteche eliminando tutto il sapere che i vostri padri hanno accumulato nei secoli. Tutte le conoscenze non ci sono più; non esiste più nulla, solo distruzione e morte vi circondano e solo le lacrime vi rimangono per piangere e rimpiangere quello che prima c’era e ora non c’è più. Questo è quanto traspare dalla semplice lettura dell’Antico Testamento.

Tra le tante, alcune domande emergono dopo queste considerazioni:

  • Ma è questo il Dio che la cristianità ha osannato per secoli e secoli e in cui hanno creduto miliardi di uomini e donne? Il Dio creatore, il Dio della bontà infinita, tutto amore e perdono, onnipotente, onnisciente, misericordioso?
  • Se questo è il vero Dio di cui mi hanno sempre parlato bisogna stare bene attenti a non incontrarlo mai, a non averci mai a che fare, è un essere pericoloso dalla mente labile, e non c’è nessun modo per fermarlo. Come potreste continuare a credere in un dio che è molto più vicino alle imperfezioni terrene che alle perfezioni divine?
  • In base alla fede, quale sarebbe il vostro atteggiamento se veniste a sapere che appena al di là dei vostri confini c’è un esercito ben armato e ben deciso a farvi fuori tutti, sapendo che chi guida quell’esercito è Dio?

Questa è la drammatica realtà biblica

Questa è la drammatica realtà biblica, questo ci racconta quel testo con una chiarezza tragicamente disarmante: un vero e proprio libro di guerra.

Non a caso è sulla base di queste evidenze che ho voluto formulare delle ipotesi e chiedere provocatoriamente l’intervento di giuristi per esaminare se non sussistano gli estremi per procedere contro Yahweh (il presunto Dio giudaico-cristiano) e i suoi rappresentanti/sostenitori, applicando i principi che sono stati elaborati per istruire il processo di Norimberga: i crimini contro l’umanità sono evidenti a partire dagli ordini reiterati di sterminio fino alla promulgazione di leggi razziali. I crimini commessi e l’apologià di reato appaiono in tutta la loro evidenza1.

Ma non è tutto, le riflessioni dettate dal normale buon senso proseguono e invitano le donne, le madri in particolare, a porre attenzione a uno specifico comportamento del “buon Dio” al quale i fedeli affidano la loro presunta eternità, facendosi dare le risposte consolatorie dai suoi attuali autonominati rappresentanti.

Donne

Donne, che siete o sarete mamme, tornate indietro nel tempo, immaginate di trovarvi nel deserto del Sinai. Siete da poco uscite dall’Egitto e l’avete scampata bella su quella spiaggia, circondate da un lato dal mare e dall’altro dall’esercito del faraone che non ha progetti benevoli nei vostri riguardi. Avete però la fortuna di avere il Signore al vostro fianco. Con un miracolo riesce a salvarvi tutte, compresa la vostra prole, i vostri uomini, e tutti i parenti e conoscenti che sono con voi. Lungo il cammino nel deserto le difficoltà che incontrate sono indicibili; problemi idrici, di alimentazione, di igiene, di logistica di ogni tipo assillano la vostra vita quotidiana.

Ma, con qualche mugugno, nella sofferenza accettate tutto, pur di raggiungere l’agognata terra promessa, speranza di un futuro per la vostra discendenza. In aggiunta agli ostacoli sopra elencati, ci mettete anche il dovere di rispettare e obbedire ai nuovi ordini divini. Tra questi ce n’è uno in particolare che crea qualcosa di più che un semplice disagio, anzi è proprio ripugnante, o forse sarebbe meglio definirlo terribilmente orrendo: un ordine che non abbiamo alcuna difficoltà a definire un vero e proprio atto criminale anche dal punto di vista semplicemente umano, senza necessità di introdurre specifiche categorie giuridiche.

Lo troviamo ripetuto qui:

«Il Signore disse a Mosè: “Consacrami ogni essere che esce per primo dal seno materno tra gli Israeliti: ogni primogenito di uomini o di animali appartiene a me”». (Es 13,1)

[Mosè ricorda agli Israeliti:] «Tu riserverai per Yahweh ogni primogenito del seno materno…». (Es 13,12)

«Il primo dei tuoi figli lo darai a me… sette giorni resterà con sua madre, l’ottavo giorno lo darai a me». (Es 22,28)

Mi chiedo allora:

  • Cosa faceva di cuccioli di uomo di otto giorni visto che li toglieva letteralmente alla madre?
  • Se erano “consacrati” nel senso inteso dalle dottrine spiritualiste, perché sottrarli alle madri accollandosi il compito estremamente gravoso di occuparsene direttamente?
  • Li teneva in vita?
  • Aveva una nursery in cui li faceva crescere?
  • Chi se ne occupava?
  • Aveva la dimora affollata di neonati urlanti?
  • Li portava via?

Se si tratta di allegoria o metafora, mi chiedo quale fosse il reale messaggio sottostante a racconti di questo genere: neppure la fantasia più sfrenata è in grado di elaborare spiegazioni convincenti. Per fortuna non ne abbiamo la necessità perché la realtà dei fatti è evidente ed è la stessa Bibbia a illustrarcela senza nascondimenti. Come ho avuto modo di spiegare ampiamente nei miei precedenti lavori (e ci torno tra breve con un illuminante parallelismo tratto dalla religione dell’antica Roma), l’atto del “consacrare, rendere sacro” non aveva alcuna valenza spirituale, indicava infatti esclusivamente la scelta, volontaria od obbligata (come in questo caso), di separare l’oggetto della consacrazione dalla sua collocazione abituale e naturale per destinarlo in via esclusiva agli Elohim.

Consacrazione

Questa cosiddetta “consacrazione”, lungi dall’essere un lodevole atto rituale dalle valenze spirituali, si concretizzava in azioni cruente, crudeli, generatrici di sofferenze indicibili.

E va detto che, in una sorta di recupero di coscienza, lo riconosce lui stesso: proprio il presunto Dio che richiedeva la materiale e spesso tragica, dolorosissima, “consacrazione”.

E lo stesso Yahweh infatti ad ammettere:

«Allora io diedi loro persino leggi non buone e norme per le quali non potevano vivere… facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono Yahweh». (Ez 20,25)

Ecco cosa faceva dei cuccioli di uomo di otto giorni.

Leggere la Bibbia può riservare un mucchio di sorprese, specie se ai cosiddetti testi sacri ci si avvicina, come direbbe Mauro Biglino, “con mente aperta e distaccata, libera da filtri e condizionamenti”. Profondo conoscitore dell’ebraico antico, dopo la traduzione di ben 17 volumi anticotestamentari per la vaticana San Paolo Biglino intraprende una sua personale attività saggistica, fornendo dei testi biblici una traduzione totalmente avulsa da slanci interpretativi: “Perché mai – ci racconta Biglino – si deve adottare un approccio interpretativo (allegorico, metaforico) visto che uno scritto, qualunque scritto, ha significato innanzitutto per ciò che dice letteralmente? La risposta è che, se non si introducono forzatamente l’allegoria e la metafora, si capisce chiaramente che la Bibbia non parla di Dio”.

Affermazioni forti, affermazioni che hanno attirato su Biglino l’astio di buona parte delle comunità cattolica ed ebraica, non senza chiari episodi di minacce: “Ho ricevuto minacce, ma penso fossero solo tentativi di spaventarmi per fermare il mio lavoro”. Una lettura, quella dei libri di Biglino e di cui Antico e Nuovo Testamento, libri senza Dio (UnoEditori, 2016) è solo l’ultimo di una lunga serie, fatta per chi non si accontenta delle interpretazioni teologico-dottrinali dei testi antichi e neotestamentari: “In sostanza – prosegue il nostro – va detto che in ebraico non esiste un termine che abbia significato di Dio – forzatamente reso dalla parola Elohim, Ndr – come lo intende la religione occidentale che ne ha mutuato le caratteristiche dal pensiero ellenistico. In ebraico non esiste neppure il termine eternità che viene artificiosamente introdotto dai traduttori esegeti-teologi- monoteisti in relazione al temine olam: questo vocabolo indica esclusivamente un tempo lungo ma certamente finito”.

Traduzioni insomma definibili quantomeno creative quelle che, secondo Biglino, nei secoli la teologia ha voluto tirar fuori da diversi dei termini chiave biblici: “Persino nei dizionari c’è scritto di non tradurre quel termine (olam) con eternità ma, nonostante questa evidenza, ci si ostina a inserire la traduzione falsa nelle bibbie per le famiglie, al fine di diffondere un concetto che è assente nella cultura anticotestamentaria. Stessa cosa succede con l’aggettivo onnipotente che viene usato per tradurre un termine (shaddai) che nulla ha a che vedere con l’onnipotenza, ma che nel migliore dei casi indica il signore della steppa, come bene documenta la stessa Bibbia di Gerusalemme”.

Corrette traduzioni, assenza di interpretazione allegorico-metaforica, studi e analisi comparate tra testi antichi di varia natura ed ecco che dagli studi di Biglino esce fuori un quadro assolutamente rivoluzionario: guerre territoriali, patti tra governatori locali e “popoli eletti”, stragi, genocidi e pulizie etniche sono solo alcuni degli elementi che, a ben vedere e a ben tradurre, caratterizzano i testi anticotestamentari così pedissequamente studiati dal nostro autore: “Che necessità avevano – domanda Biglino – gli antichi autori di nascondere dietro allegoria e metafora delle verità, visto che le stavano scrivendo per loro stessi, cioè per quei pochissimi che sapevano leggere e scrivere? Dovevano nascondersi le informazioni a vicenda?”

Una domanda questa che ha dato vita all’incontro pubblico che nel mese di marzo scorso si è tenuto tra Biglino e diversi teologi cattolici e protestanti, i quali “hanno riconosciuto con chiarezza – afferma il nostro – che la Bibbia va letta per come è scritta”. A emergere dagli scritti dell’autore di La Bibbia non parla di Dio (Mondadori, 2015), insieme alla più totale assenza del divino, è la presenza degli Elohim, i governatori locali che trovano il loro diretto antecedente nei celebri Anunnaki sumeri: “Non sono in grado di dire da dove provenissero – annota Biglino -, ma di certo appartenevano ad una civiltà di gran lunga più avanzata della nostra”.

Ci riferiamo a personaggi come Yahweh (Signore degli israeliti), Baal (Signore dei fenici), Camos (Signore dei moabiti) e Milcom (Signore degli ammoniti), che popolano l’intero arco anticotestamentario giungendo così a coprire archi temporali impensabili per la durata di vita media delle creature elaborate a loro immagine e somiglianza, gli esseri umani: “Sulla Terra esistono farfalle che vivono 24 ore e tartarughe che, pur essendo fatte dello stesso Dna e dello stesso materiale biologico, vivono 200 anni: hanno cioè una durata di vita pari a circa 73.000 volte quella delle farfalle pur appartenendo allo stesso regno fatto di esseri viventi che condividono le stesse molecole, la stessa biochimica, gli stessi ambienti”.

Una narrazione che prescinde da qualsiasi apparato teologico-dottrinale e che proietta il lettore in una dimensione nella quale l’assenza di Dio è la prima constatazione possibile. Ma Mauro Biglino, allora, crede in qualcosa? “Io sono agnostico – risponde il saggista -: non ho le certezze dei credenti ma neppure quelle degli atei. Di Dio, e della sua eventuale esistenza o meno, non so nulla e quindi non ne parlo